Il problema delle grandi società di consulenza

Nel cuore delle grandi metropoli finanziarie, dove i grattacieli sfidano il cielo, le società di consulenza come il Boston Consulting Group (BCG), McKinsey e Deloitte dominano il panorama con la loro promessa di saggezza strategica e soluzioni innovative. Eppure, un interrogativo sorge prepotente: se queste titani sono maestre nell’arte di risolvere i problemi altrui, perché sembrano incontrare difficoltà nel gestire le proprie sfide interne?

In un’industria famosa per la sua capacità di prevedere tendenze future e fornire direttive su misura per le più grandi corporazioni globali, un paradosso si è manifestato con forza nell’ultimo periodo. Le previsioni errate sul futuro, una conseguenza imprevista dell’epoca post-Covid, hanno lasciato dietro di sé una scia di disordine: nuove reclute in cerca di impegni professionali, contratti persi a causa della riduzione dei budget dei clienti e un’oscillazione tra sovraccarico di lavoro e inattività per alcuni dipendenti. Di fronte a queste turbolenze, le soluzioni adottate spaziano dai licenziamenti su larga scala al licenziamento silenzioso del personale, invocando ragioni di performance.

Il settore aveva vissuto un’era dorata durante la pandemia, con le aziende in cerca di un’ancora di salvezza nel mare magnum del rallentamento globale, il lavoro da remoto e le interruzioni delle catene di approvvigionamento. Ma con la stabilizzazione della situazione mondiale, le grandi società hanno iniziato a rivedere i propri budget, innescando una contrazione nella domanda di servizi di consulenza. Un ambiente ora parsimonioso governa, ogni spesa viene esaminata con occhio critico, dai viaggi d’affari ai semplici snack d’ufficio.

Nonostante l’ottimismo di alcuni esponenti di spicco del settore, che vedono nelle recenti difficoltà una fase temporanea, la realtà dei fatti parla di una riduzione delle spese in consulenza in vari settori, con previsioni di crescita per il mercato USA nel 2024 ferme al 6%, una netta diminuzione rispetto ai picchi pandemici. Giganti come Adidas e Citigroup hanno già annunciato tagli significativi, con il CEO di Adidas, Bjørn Gulden, che apertamente disprezza i report dei consulenti, considerandoli un ostacolo al progresso aziendale.

Le risposte a questa situazione di stallo variano: da McKinsey, che ha richiesto ai suoi partner di differire parte del loro stipendio, a EY, che ha sorpreso il settore con licenziamenti senza precedenti di partner di consulenza. Questi sviluppi mettono in discussione la tradizionale visione di carriera e successo nell’ambito della consulenza, un tempo considerati sicuri e molto remunerativi.

In parallelo, il lavoro di private equity, pilastro per le grandi firme di consulenza, registra un drammatico calo dovuto al rallentamento delle operazioni di mercato in un clima di tassi di interesse in ascesa. Le conseguenze sono una diminuzione delle opportunità di consulenza e un generale calo del mercato delle M&A.

Nel tentativo di risolvere questi intricati puzzle interni, le società di consulenza si rivolgono sempre più all’intelligenza artificiale e alle tecnologie emergenti, cercando di reinventarsi e di offrire ai clienti soluzioni all’avanguardia in un mondo che cambia rapidamente. Eppure, la domanda persiste: se i consulenti sono gli architetti del successo altrui, perché trovano tanta difficoltà nel progettare il proprio futuro?

Le risposte a questa domanda sono complesse e sfaccettate, riflettendo la natura stessa del settore della consulenza: un mondo dove la capacità di adattamento, l’innovazione e la resilienza non sono solo strumenti di lavoro, ma requisiti essenziali per la sopravvivenza. In questo contesto, il futuro del settore e dei suoi protagonisti rimane

tempo si preparavano meticolosamente per le interviste e coltivavano l’opportunità di creare reti di contatti, ora si trovano di fronte a una realtà severa. Il modello tradizionale di lunghe ore lavorative e una cultura “up-or-out” (progredire o uscire), un tempo indossato come un distintivo d’onore, ora appare precario.

Man mano che le società di consulenza lottano con un prolungato calo dei nuovi affari, decisioni difficili si profilano all’orizzonte. Alcune, come West Monroe, hanno già dovuto ricorrere a significativi licenziamenti, riflettendo un errore di valutazione della prevista ripresa degli affari. La riluttanza a tagliare rapidamente il personale deriva dal modello di partnership delle società di consulenza, che manca della pressione degli azionisti pubblici ma limita anche la rapidità nella presa di decisioni.

I consulenti che speravano di uscire volontariamente dal campo hanno trovato opportunità limitate a causa del più ampio rallentamento delle assunzioni di personale impiegatizio da parte dei clienti aziendali. Di conseguenza, le società si sono rivolte a licenziamenti basati sulle prestazioni e offerte di aspettativa per ridurre il numero di dipendenti. Tuttavia, questo cambio di strategia ha intensificato la competizione tra il personale junior, portando a un aumento dell’ansia e del controllo.

Mentre il paesaggio della consulenza subisce questa trasformazione, le aspettative di performance rimangono elevate. Nonostante le sfide, ci sono ancora vie di crescita all’interno delle società, come le opportunità di sviluppo aziendale. Tuttavia, persiste la pressione di rendere, con i consulenti preoccupati di non essere all’altezza e di affrontare la temuta prospettiva di essere “CTL’d” o invitati a lasciare.

Il passaggio dalle frenesie di assunzioni guidate dalla pandemia a misure di risparmio riflette la natura volatile dell’industria della consulenza. Sebbene gli stipendi si siano stabilizzati, le richieste ai consulenti restano elevate, spesso portando a orari di lavoro massacranti e sacrifici personali. Mentre le società navigano questi tempi turbolenti, il futuro delle carriere nella consulenza è in bilico, con i consulenti che si adattano a una nuova normalità caratterizzata da incertezza e aspettative di performance elevate.

L’atmosfera nelle società di consulenza come Deloitte è diventata tesa, con i dipendenti che discutono ansiosamente di licenziamenti e futuri incerti. Le catene di messaggi brulicano di colleghi che confrontano appunti su chi è al sicuro e chi è stato licenziato. Anche dopo aver investito in programmi di apprendimento e sviluppo per i lavoratori, le società sono sotto osservazione sia da parte dei clienti che dei dipendenti riguardo alle loro pratiche di gestione.

Nonostante la turbolenza, le società di consulenza mantengono una posizione aggressiva nel reclutamento. Gli sforzi di reclutamento continuano senza sosta, con le società che corteggiano attivamente studenti universitari e laureati. Tuttavia, la realtà dietro le quinte può essere molto diversa. Alcuni consulenti si trovano a promuovere prospettive di carriera eccitanti a potenziali reclute pur sapendo di essere sull’orlo della disoccupazione.

Eppure, il fascino di una carriera nella consulenza rimane forte per molti. McKinsey, ad esempio, riceve un numero schiacciante di domande ogni anno, indicando un interesse persistente nel unirsi all’industria. Per assicurarsi i migliori talenti, le società iniziano a reclutare potenziali consulenti già dal secondo anno di college, puntando sulla futura domanda dei clienti.

Tuttavia, il calo ha portato a ritardi nelle date di inizio per molti nuovi assunti. Per trattenere queste reclute, le società hanno adottato varie misure tra cui l’offerta di indennità a coloro che attendono le loro date di inizio. Si spera che le reclute restino nonostante i ritardi, sebbene il richiamo di altre opportunità rimanga allettante.

Per i recenti laureati MBA, la situazione è ulteriormente complicata dai bonus alla firma e dalla prospettiva di doverli rimborsare se decidono di rinunciare ai lavori di consulenza. I cosiddetti “golden handcuffs” (manette d’oro) si sono stretti, lasciando alcuni laureati in limbo mentre attendono l’inizio delle loro carriere nella consulenza, spesso ricorrendo a lavori occasionali per sbarcare il lunario.

Nonostante le sfide e le incertezze, l’industria della consulenza rimane attraente per molti professionisti aspiranti, anche mentre le società navigano attraverso tempi turbolenti di licenziamenti, date di inizio ritardate e priorità in evoluzione. Questo periodo di cambiamento e incertezza richiede una resilienza e un’adattabilità senza precedenti sia dai consulenti attuali che da quelli futuri, ridefinendo le aspettative e le realtà di una carriera nella consulenza.

La dinamica del settore sta evolvendo rapidamente, spingendo le società di consulenza e i loro dipendenti a riconsiderare il valore e l’impatto del loro lavoro. Mentre l’industria si adatta alle nuove esigenze del mercato e alle aspettative dei clienti, la capacità di rimanere agili, innovativi e centrati sul cliente sarà cruciale per il successo futuro. La lezione chiave da questa fase di trasformazione potrebbe benissimo essere la necessità di un equilibrio più sostenibile tra le esigenze aziendali e il benessere dei dipendenti, una sfida che le società di consulenza, famose per risolvere i problemi degli altri, ora devono affrontare per se stesse.